unicità protocolli e standardizzazione?!
La scienza si basa sulla ripetitività per
confermare la validità di un farmaco o di uno studio.
La medicina non convenzionale ascolta, osserva e
si mette in comunicazione profonda con la persona per tracciare il percorso del
malessere ancora prima del suo esordio.
Se la medicina non convenzionale porta
l’attenzione sull’unicità della persona che senso ha definire con un temine
limitante una patologia?!
Com’è possibile utilizzare il metodo scientifico di
ripetitività se ogni essere umano è diverso dall’altro come lo è il modo di
manifestare una malattia?
Indubbiamente il Cardo mariano ha un effetto sul
fegato ed è altrettanto vero che, se dieci persone usano questa pianta con lo stesso dosaggio
e per la stessa malattia i risultati saranno, dieci risultati diversi. La pianta officinale ha un suo tropismo, dei bersagli primari e secondari, allo stesso tempo si adatta svolgendo il ruolo più utile all'organismo su cui lavora.
Il corpo
risponde in maniera diversa sia al rimedio che, ogni volta che entra in contatto
con qualche patogeno. Tutti abbiamo un fegato ma il modo di funzionare dal punto
di vista fisiologico è differente come lo sono il carattere e il comportamento del
singolo individuo.
Se scegliamo di interpretare la malattia come
sola espressione del corpo fisico allora potremmo avere ottimi risultati su un
protocollo nell'immediato. Ma se ampliamo la visione, contestualizzando la malattia, senza
dimenticare che l’essere umano è anche pensiero e emozione, allora il nostro
sarà un cattivo risultato, un ritorno del problema che nel tempo può diventare cronico.
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